giovedì 15 ottobre 2009

Alessandria: 2 appuntamenti il 20 ottobre

PROCESSO A CARMELO MIRAGLIOTTA
In occasione dell'udienza che si terrà martedì prossimo 20 ottobre 2009, alle 9.00 del mattino, presso il tribunale di Alessandria, con sede in Corso Crimea n.81, il MOVIMENTO LIBERTARIO organizzerà un presidio pacifico davanti al Palazzo di Giustizia, in difesa della libertà di parola e del sacrosanto diritto alla disubbidienza civile.
Carmelo Miragliotta, imprenditore alessandrino e fondatore di "GENTE PRODUTTIVA", è stato rinviato a giudizio per aver avuto il coraggio di scrivere sui muri dell'Agenzia delle entrate una frase che è sulla bocca di molti cittadini comuni: "Covo di estorsori".
Per l'occasione, sarà presente il responsabile nazionale del MOVIMENTO LIBERTARIO, Leonardo Facco, e Giorgio Fidenato, l'imprenditore di Pordenone che si sta battendo contro il sostituto d'imposta.

La sera del 20 ottobre, martedì, alle 21.00, presso la Circoscrizione Nord in piazza Perosi ad Alessandria, si terrà inoltre un incontro pubblico - organizzato dall'associazione "SOVRANITA' POPOLARE" - al quale parteciperà lo stesso Fidenato, che racconterà i particolari della battaglia di libertà che sta conducendo, intitolata "TUTTI I SOLDI IN BUSTA PAGA!".

Per informazioni: 335-8082280

domenica 27 settembre 2009

Torino: Incontro del Cidas, il degradato mestiere del politico

Il CIDAS, Centro Italiano Documentazione Azione Studi organizza una conferenza che sarà

tenuta il 30 Settembre 2009 alle ore 21.00 presso il Centro Congressi dell’Unione Industriale di Torino, in via Fanti 17, da:

PIETRO DI MUCCIO DE QUATTRO

Saggista, studioso di Diritto parlamentare

Autore di Orazione per la Repubblica, Liberilibri, 2001

sul tema:

IL DEGRADATO MESTIERE DEL POLITICO



giovedì 21 maggio 2009

Per favore, non chiamateli anarchici. E nemmeno studenti.

“Per favore, non chiamateli 'anarchici'”. Così scriveva anni fa Sergio Ricossa riferendosi a quella stessa categoria di giovani – e non più tanto giovani – che il linguaggio giornalistico ci ha abituati a chiamare “no global”. Il più autorevole esponente di quel liberalismo estremo e coerente che è il libertarismo o anarco-capitalismo, esortava a non dare dignità di appartenenza a una categoria politica a squadre di delinquenti nostrani, e nel caso delle contestazioni al “G8 dell'Università”, greci e baschi. L’anarchia, a ben vedere, ha una sua dignità storico-filosofica. Intendiamoci: il più delle volte, e soprattutto nelle sue versioni “di sinistra”, sfuggente, velleitaria, distruttiva. Però ecco, in tutte le sue sfaccettature, persino nella sua contaminazione con la sinistra marxista, dietro a quell’aggettivo c’è una sostanza. La quale manca interamente in quei sedicenti “anarchici” che mercoledì scorso, armati fino ai denti con spranghe, estintori, molotov, hanno trasformato una presunta semplice manifestazione in una guerriglia, che ha visto contrapposti poliziotti e carabinieri ad un esercito di professionisti degli scontri, muniti di passamontagna, caschi da motociclista e bastoni.

Ci permettiamo di aggiungere: “per favore, non chiamateli studenti”, seppure, nei giorni scorsi, autorevoli quotidiani ("La Repubblica", "Il Corriere della Sera") siano usciti con titoloni che parlavano di "scontri fra studenti e forze dell'ordine". Dovrebbe essere sufficiente dare un'occhiata alle foto di questi casseurs che hanno mandato all'ospedale 22 agenti di polizia e 2 carabinieri per rendersi conto che si tratta di individui che profondono il loro impegno in ben altro che esami, piani di studi, tesi, master post-laurea, ecc. Se c'è una cosa che va riconosciuta ai teppisti dell'“Onda” è la loro capacità di organizzazione, l'efficienza quasi militare con cui hanno dimostrato di sapersi riunire (con apporti anche stranieri, come si è detto) e coordinare. Un'efficienza che presuppone un addestramento che a sua volte richiede tempo e risorse, di cui i veri studenti non dispongono di certo. L'unica “università” che ha laureato cum laude gli attivisti in servizio permanente effettivo dello sfascio di saracinesche, dei cassonetti incendiati, del lancio di molotov e bombe carta, della caccia al carabiniere e al poliziotto è quella del teppismo e della guerriglia urbana.

"Studenti" è una definizione che ben si presta a gabellare questi personaggi come "povere vittime" della "repressione poliziesca": ma questi professionisti della disinformatija che si spacciano per giornalisti, chi vogliono prendere per fessi? Non c'è persona dotata del minimo sindacale di buon senso che non comprenda come studente per davvero è chi sa protestare senza violenza, contestare le idee non condivise con parole e scritti intelligenti, non chi pensa di avere la libertà di lanciare pietre e ordigni contro chi è lì a fare il suo lavoro.

Da ultimo, sarebbe stato interessante chiedere ai partecipanti a quella manifestazione se sapevano perché stavano manifestando. Chissà quanti, fra quegli "studenti", avrebbero saputo rispondere...

Giorgio Bianco

lunedì 9 febbraio 2009

Una provincia che fa male!



L'Italia è il paese principe degli enti inutili, che accavallano compiti, rallentano ogni tipo di decisione ma soprattutto fagocitano cospicue masse di denaro pubblico (che ricordo non è di tutti, cioè di altri, ma nostro!).

Una delle istituzioni che destano maggior perplessità sono le province, enti le cui funzioni potrebbero essere svolte dalle regioni o dai comuni, e che tendono a moltiplicarsi per il ben noto campanilismo italico, assumendo divisioni territoriali sempre più piccole e improbabili.

Di recente è arrivato alle famiglie della provincia di Torino un opuscolo arancione dal titolo: "La provincia fa bene" dove l'ente -forse per timore di un referendum abolizionista- vanta le cospicue spese fatte in vari settori, come se le cifre a disposizione bastassero come motivazione a tenerlo in vita.
Come sempre accade nella PA, nessun dato è disponibile sull'efficienza del lavoro svolto, e non si vede perchè la regione non potrebbe occuparsi della viabilità o del turismo.

La beffa finale al contribuente è un invito a recarsi, da turista, a Palazzo Cisterna, oppure dulcis in fundo a visitare il nuovissimo grattacielo di 15 piani di corso Inghilterra, dove la vista è panoramica.
Ma quanto è costato questo inutile opuscolo promozionale?

Lo studio.

Le province fanno male: lo conferma uno studio dell’Istituto Bruno Leoni, "L’abolizione delle Province, a cura di Silvio Boccalatte, Rubbettino-Leonardo Facco".
Il costo della politica vero e proprio, calcolando cioè esclusivamente le remunerazioni degli oltre 4mila rappresentanti eletti, supera i 115 milioni.

Tra il 2000 e il 2005, le Province hanno accresciuto le spese del 65%, destinando gran parte delle uscite (quasi 8,5 miliardi) alle spese correnti. Sono aumentate (soprattutto per la competenza acquisita sulla gestione delle strade già dell’Anas) anche le spese per il rimborso dei prestiti, passate da 350 milioni a 1,1 miliardi. Le spese aumentano più delle entrate (nelle quali peraltro assumono un peso crescente trasferimenti regionali e accensioni di prestiti). E s’indirizzano soprattutto verso la gestione corrente, che rappresenta la quota maggiore (seguita da gestione del territorio, istruzione e sviluppo economico) e che è aumentata di oltre il 50% nei cinque anni considerati. Lievita anche l’incidenza, soprattutto nel Centro e nel Mezzogiorno, delle spese per il personale.

Ne derivano prospettive finanziarie fortemente ingessate, perché vincolate soprattutto al pagamento degli stipendi e ai rimborsi dei mutui (a tassi ora crescenti).

La riflessione sul loro futuro non deve risultare una guerra di religione (del resto già persa, a quanto pare).

L'abolizione quindi oltre ad essere una via percorribile è soprattutto auspicabile, prima che Ivrea, Pinerolo o Chivasso chiedano di diventare la centomilessima provincia.